hai finito con 'sti LIBERTINES ?????????? A forza di essere bersagliati, hanno pensato che fosse arrivato il momento di reagire. Chi? Ma gli inglesi, naturalmente, che dopo essersi ingollati per mesi Strokes, White Stripes, Hives, Vines, Black Rebel Motorcycle Club et similia hanno ritenuto opportuno rispondere con qualche prototipo indigeno. Primo della serie, nonché più credibile in circolazione, è un quartetto che proviene dall’East London. Si fanno chiamare The Libertines, e per la gioia dei loro connazionali indossano sovente reperti vintage dell’esercito britannico e magliette della nazionale di calcio periodo Kevin Keegan, per intenderci, quando la sola idea che un vichingo come Eriksson andasse a colonizzare la patria del football equivaleva a una bestemmia. Un paio di singoli all’attivo - I Get Along, contagiosissima, e What a Waster – album in arrivo e gli occhi di mezza nazione puntati addosso. Prima di tutti però la vista l’ha aguzzata il solito Geoff Travis della solita Rough Trade, che – capirete bene anche voi – dopo aver scoperto gli Strokes e in procinto di ricongiungersi col figliol prodigo Morrissey – non poteva lasciarsi sfuggire l’affare. Già, affari, visto che siamo in tema, sentiamo cosa ha da raccontare Carl Barat, leader del gruppo assieme al più giovane Pete Doherty: “Tempo fa vivevamo in uno squat di Camden Town. Eravamo sempre frustrati e affamati, passavamo il tempo a correre dalle etichette discografiche alla ricerca di un contratto dicendogli ‘Onestamente, vi faremo fare un sacco di soldi, per favore, ascoltate questo nastro’, ma gli A&R ci snobbavano”. Ora le cose paiono essere mutate. I Libertines ne possono ridere, e tutto sommato poco importa che se un gruppo del genere si fosse permesso di emergere anche solo un paio di anni fa la discografia all’unisono avrebbe tirato lo sciacquone. E mentre l’avanzata della Guitar Britain – The Music, The Coral – pare inarrestabile, e se già all’orizzonte affiorano i nuovi, cioè gli “altri libertini” – The Datsuns – vale la pena soffermarsi sull’educazione musicale di Carl: “A scuola tutti quanti ascoltavamo Michael Jackson. Quando si tornava a casa sul bus ognuno aveva la sua copia di Bad che andava nel walkman. Era abbastanza ridicolo. Per questo ho passato anni molto distante dalla musica, fino a quando non ho incontrato il mio insegnate di scienze. Non gliene fregava niente di quelle cazzate e un giorno mi passò una cassetta dei Velvet Underground. È stata una cosa modello Jedi, un rito di passaggio. Mi ha dato un senso di auto-realizzazione: era possibile suonare anche non emettendo tutte le note esattamente. In quel periodo cominciai a imbracciare la chitarra, sapevo suonar solo due accordi, ma quando scoprii che anche Venus in Furs era fatta così per me fu la rivoluzione, la liberazione; e veniva dagli anni ‘60”.